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Associazioni di categoria: quale ruolo?

Associazioni di categoria: quale ruolo?

E’ indubbio che la sanità italiana abbia preso da venti anni circa una deriva molto pericolosa accelerata dalla cosiddetta pandemia del 2020-2022. Varie sono le componenti che hanno determinato questa decadenza che appare inarrestabile. Ma quale è stato il ruolo delle associazioni di categoria in questo processo involutivo ? Intanto è opportuno chiarire che una associazione di categoria ha il compito di difenderne gli interessi con proposte, custodirne i principi fondamentali e vigilare sulle normative, leggi e regolamenti che lo Stato centrale o altri organismi istituzionali programmano per quella specifica area.

Presupposto per assolvere a questo compito è quello di ascoltare la base (cioè i sanitari iscritti) e di agire di concerto. Le associazioni dei sanitari italiani hanno agito e agiscono in questo modo ? Per rispondere a questa domanda è opportuno ripercorrere la storia della sanità italiana degli ultimi decenni dove alla progressiva e inesorabile contrazione del finanziamento annuale della sanità pubblica si è associata una vigorosa demolizione di quella libero professionale, ma non tutta, solo quella di piccolo cabotaggio favorendo ampiamente quella di grandi gruppi che, grazie a ingenti disponibilità finanziarie e facilitazioni fiscali e normative, ha permesso, a queste ultime, di espandersi a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale con la complicità della politica che ha voluto e promosso il viraggio di una sanità di tipo universalistico e solidaristico verso un modello di tipo commerciale aziendale dove la “unità sanitaria” prendeva il nome di “azienda sanitaria” dove la prestazione sanitaria non veniva erogata perché “…il budget era stato superato…” e dove  …l’ambulatorio medico veniva soppiantato dalla “…s.r.l.…” con tanto di pubblicità da stadio di calcio con cartelloni stradali indicanti terapie chirurgiche “senza bisturi”, sorrisi da far invidia ai più raffinati cultori del look o comparsate televisive di propaganda accattivante con pseudo soddisfatti pazienti  che invitavano ad effettuare una visita “…senza impegno…”. In tutto questo la sanità pubblica inseriva, nel suo contesto, quella privata partecipandone agli utili attraverso la cosiddetta “intramoenia” dove la prestazione sanitaria veniva offerta rapidamente al paziente che, in regime pubblico, avrebbe ottenuto la medesima prestazione a distanza di mesi se non anni. Per attuare questo imbarbarimento della professione medica era però necessario cambiare le regole del sistema e la mentalità dei suoi operatori. Si è cominciato con la burocrazia, visto che la leva fiscale era già abbondantemente in essere, attraverso imposizione di vari obblighi del tutto pretestuosi come lo smaltimento dei rifiuti prodotti nelle strutture sanitarie  classificati come “speciali” senza distinzione tra ospedale e piccolo studio per i quali nacquero immediatamente fornitori di questo servizio ovviamente a carico del professionista. In breve tempo, vista la assenza di risposta della classe medica in evidente coma reattivo, si liberava la fantasia dei burocrati con altri adempimenti che variavano dall’inutile documento della privacy, alla detenzione di estintori, complesse dichiarazione di detenzione di apparecchi radiogeni alla tenuta di un corposo documento sulla valutazione dei rischi nell’esercizio della attività corredato di riunioni sulla sicurezza verbalizzate a dovere e molto altro. Tutto ovviamente, certificato e registrato attraverso corsi infiniti e costosi spesso tenuti da professionisti ignari dell’attività per la quale dovevano fare formazione risultando in enormi perdite di tempo professionale e di denaro !

Ma esistevano o esistono i presupposti di criticità per imporre queste regole ? e soprattutto, questo ha prodotto un risultato positivo ? e, se sì, quale ? Da un esame dei dati INAIL si evince che gli infortuni sul lavoro nell’ambito, per esempio, odontoiatrico italiano sono irrisori (62 tra i dentisti nel triennio 2015-2017, 72 tra gli igienisti nel triennio 2019-2021 e, nello stesso triennio, 59 tra i dentisti), nessuna mortalità e solo il 6% dovuti a eventi strettamente legati alla professione tanto da non giustificare la imponente mole di obblighi e adempimenti richiesti per l’esercizio professionale. Inoltre la privacy tanto sventolata, era già negli obblighi di riservatezza dei sanitari e non sembra che i sanitari si siano mai divertiti a diffondere informazioni sui pazienti. L’insieme di queste norme possono essere considerate pretestuose in quanto prive dei due requisiti fondamentali per essere prodotte: la ragionevolezza, in quanto manca la criticità sociale, e l’efficacia in quanto i dati forniti appaiono certamente non allarmanti. Ma un effetto è stato prodotto ovvero la sottrazione di risorse e tempo che i professionisti potrebbero utilizzare per l’aggiornamento culturale e tecnologico scoraggiando le nuove leve professionali dall’ intraprendere una libera professione e quelle consolidate nel territorio a chiuderle anzitempo. Ma quale è stato il ruolo delle  associazioni di categoria in questo scenario ? E’ incontestabile che esse hanno assunto un ruolo di applicatori delle norme imposte dal legislatore generando un’offerta di corsi dedicati e servizi vari a prezzi scontati per “…agevolare gli iscritti…” accettando il ruolo di “meri esecutori” proprio come gli Ordini Professionali che, accettando di diventare organi sussidiari dello Stato, hanno rinunciato al sacro principio di indipendenza da qualsiasi condizionamento che è alla base della attività sanitaria come solennemente affermato nel Codice Deontologico, asservendosi alle imposizioni della politica. Se mai vi siano state iniziative per contrastare queste inaccettabili condizioni, ebbene queste sono state quantomeno infruttuose e che avrebbero dovuto generare una reazione energica da parte di tutti i corpi associativi. Il risultato è stato la demolizione della sanità italiana che ha determinato un processo non solo di abbandono anticipato delle strutture pubbliche da parte dei sanitari, ma addiritura del rifiuto di continuare la professione medica come se fosse stato inferto un colpo mortale alla dignità del Medico che, ricordo, ha il ruolo di alleviare la sofferenza fisica e psichica. Questo declino prosegue purtroppo senza sosta inesorabilmente, con la inconsapevole complicità di molti sanitari che non conoscono queste dinamiche presi dal lavoro e dai pesi della vita quotidiana. Ma possiamo ancora ripristinare il nobile ruolo del Medico elevandolo di nuovo a quei principi solidaristici e di umanità che ne rappresentano le fondamenta. Per fare questo è opportuno prendere coscienza dello scenario in cui la professione si trova e della sua progressiva lenta, inesorabile e ingiustificata trasformazione in un lavoro non più intellettuale e libero da vincoli pregiudicando così la solidità del rapporto fiduciario medico-paziente.

UMCO si propone di ripristinare una sanità secondo le regole del Codice Deontologico demolendo quella gabbia oppressiva in cui oggi il sanitario si trova. E’ dunque necessario che tutti i Medici e Odontoiatri di buona volontà si ritrovino in uno spirito di condivisione e collaborazione attraverso le associazioni di categoria e auspicabilmente con gli organi direttivi e rappresentativi degli Ordini Professionali per cambiare rotta, attraverso l’apertura di un dialogo con la base, nell’intento di ridare dignità a tutto il mondo sanitario.

Carlo Coiana

Informazioni

L’associazione culturale UMCO è apartitica, indipendente, non ha finalità di lucro. Lo scopo dell’ Associazione è quello di promuovere lo sviluppo della cultura, la ricerca scientifica e tecnica così come riportato dall’art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana, in particolare operando un’azione di profondo rinnovamento culturale, intellettuale e deontologico degli Ordini dei Medici, favorendo il ricambio dei professionisti che lo andranno a guidare e contrastando in radice ogni deriva antidemocratica, politico-partitica e sindacale che ne condizionino i principi – anche in via del tutto potenziale –della sua azione.